Dialogo d’amore – 19

Nei tuoi occhi

ho scoperto

dov’ è nato il mondo.

Io riuscirò di nuovo

a fare abbracciare

il cielo e la terra.

C’è sempre un vulcano

dove si annida l’eruzione

di ogni maledizione,

un cratere che non dorme mai.

Io sono quell’operaio

dell’ultima ora.

Mi piace vedere gli altri sudare,

non voglio sporcarmi

le mie fragili e diafane mani.

Il tuo unico e generoso denaro,

di primo conio,

mi ha fatto cambiare idea.

Ora sudo l’Apostolato della preghiera

e custodisco cespugli di teologie,

penetranti

nelle vene dei miei rigetti.

Io ti ho rinnegato per paura

della vergogna del pianto.

Quel gallo mi ha sempre inquietato

e punito nelle mie notti oscure.

Io sono sulla strada del fango,

mi sporco la mente,

tuttavia aspetto che tu passi,

ho con me

un vecchio e consunto fazzoletto,

slabbrato di lacrime,

per detergerti la faccia.

Io ho sentito la tua parola

morire lontano da me

e ho taciuto

la tua croce e la tua morte,

perché non voglio mai seppellirti.

Ora però, tutto solo,

veglio l’eucaristia,

vera nascita nella mia carne,

vero Natale nel mio ventre.

Il mio corpo è il tuo tabernacolo,

aperto, trasparente

come un ostensorio,

mai blindato di potere e d’oro,

come a morire d’asfissia.

Io ti celebro

sull’altare mio corpo,

vero tuo corporale,

Natale della mia carne.

Ora tu sei mio figlio

e padre del mio stesso cuore. Dipax

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