
La nostra fede è fatta di tempo e di terra.
Fosse almeno piccola come un seme di senape!
Io proprio di questo credere
non mi accontento
e soffro tanto.
La parola del Signore non è troppo alta per te,
né troppo lontana da te.
Non è nel cielo, perché tu dica:
“Chi salirà per noi in cielo?
Non è nel mare, perché tu dica:
“Chi attraverserà per noi il mare”?.
Anzia questa parola è vicina a te,
è nella tua bocca e nel tuo cuore.
Sono le parole di Mosè.
Potessimo viverle davvero nel nostro cuore
e sulla nostra bocca.
E’ piaciuto a Dio che abiti in Lui tutta la pienezza,
san Paolo ci annuncia la bellezza della salvezza,
e per mezzo di lui e in vista di lui
siano riconciliate tutte le cose.
Nel vangelo Cristo ci espone
l’evento di colui che scendeva da Gerusalemme a Gèrico
o il buon samaritano.
Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico
e cadde nelle mani dei briganti.
Lo massacrarono e lo lasciarono a terra,
come un cade.
Oggi si passeggia alla movida
e ogni sera ci sono guai.
Non c’è nessuno a soccorrere.
Nella parabola c’è un sacerdote che passa oltre.
Non diranno mica che sono stato io?
C’è anche un levita che non lo guarda per niente.
Sono troppo impegnato nel mio apostolato.
Non ho tempo per fermarmi,
devo andare a una conferenza,
sono già in ritardo.
Infine si fermò un samaritano:
lo fasciò e lo portò in ospedale.
Curamelo, disse, ti darò tutto,
salvamelo da queste sue ferite
e salvalo dal suo atroce dolore.
Poi Cristo interrogò:
”Chi ha soccorso questo poveretto?”.
Colui che lo interrogava rispose:
“L’ultimo, il samaritano”.
Siamo troppo lontani dall’accaduto.
Ogni giorno ne vediamo di crudo e di cotto.
Siamo stanchi di guardare alla TV.
Guerre, disastri, omicidi, città distrutte
e ora ci dicono che le ricostruiranno
con miliardi di euro.
Siamo abituati al male e non lo sappiamo.
Cosa ci tocca sopportare?
L’impossibilità di aiutare e soccorrere.
Domani spero di annunciare
ai miei fratelli e sorelle, non solo, cristiani,
ancora viventi
la tua Parola di vita.
So però che soffrirò molto
a causa della nostra assurda incredulità.
Paolo Turturro
