Lettera a una professoressa

Quando i gatti sono tuoi figli, il tuo gatto è troppo dolce, perché non pensa e non parla. Lo spirito non ha bisogno di effetti speciali per essere felice. La continuità della semplicità è la forza di ogni giorno. Il giorno sorge, splende e tramonta con ritmi sempre costanti. La brezza pomeridiana mi rinfresca e mi ristora la mente stanca di pensare e il cuore muto a non amare. La scuola non insegna più, preferisco pensare e scrivere. La famiglia non esiste più, i ragazzi preferiscono amare liberamente. La chiesa non annuncia più, i giovani preferisco l’annuncio della movida. Le palestre sono divenute depositi di banchi rotti e i nostri giovani vincono centinaia di medaglie d’oro e d’argento nelle olimpiadi. I plessi scolastici sono obsoleti e i delinquenti ci fanno capanne. L’evasione scolastica è altissima, in una classe di venti alunni quindici sono di famiglie del mondo e cinque italiani. Le imprese appartengono ai potenti e il lavoro è divenuto una schiavitù. Preferisco scrivere cose sante e non peccare di giudizi. Il giudizio appartiene solo al malvagio, chi ama non giudica mai. Io amo meditare il vangelo, anziché commentarlo. Vorrei tuffarmi nell’aramaico, per comprendere meglio la mentalità del Risorto. Il silenzio del Risorto è la forza mistica per entrare nella sua estasi irraggiungibile con le nostre parole. Incarno il dolore di preghiere e di offerte, e ascolto la voce di ogni vivente nei panorami d’intorno. Carissima professoressa sei di altri tempi e pensi come una nonna. Forse conviene ritirarsi, ma tu mi hai insegnato che bisogna essere alunni fino alla fine della vita. Carissima professoressa, stamane mi sono affacciato al balcone della casa dell’angelo e ho sentito il profumo delle erbe dopo la pioggia. Hai ragione la vita continua, nonostante le nostre assenze.

Paolo Turturro

www.dipingilapace.it

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