Ricordi

[10:23, 18/3/2020] Graziella Me: COSI’ PER GRAZIA
Così, per grazia,si può perseverare nel cammino, fino alla fine: l’uomo-bambino si abbandona fra le braccia di Gesù mentre chiede che passi questo calice, e viene preso e portato in braccio, con le mani giunte e gli occhi aperti. Lasciandosi sorprendere ancora una volta, per il dono più grande. (Papa Francesco)
Così, per grazia ci dobbiamo abbandonare. Oggi 7 marzo 2015 rivivo il momento del mio trapianto. Sono trascorsi già cinque 5 anni. Rivivo con trepidazione quei momenti, l’arrivo della telefonata alle 5 di mattina, la forsennata preparazione, la telefonata a Padre Carmelo che insieme a Madre Meli sono venuti a salutarmi e a impartire l’unzione degli infermi, la partenza per Palermo. Alle 9 ero già in ospedale. La preparazione molto particolare, l’incertezza se era quella la volta giusta e se ci sarebbe stata un’altra volta. I saluti, è difficile salutare chi ha condiviso la tua vita, è difficile dire addio. Sapere che può essere, che sia l’ultima volta… Ogni momento è scolpito nell’anima. L’uomo-bambino è chiamato ad abbandonarsi fra le braccia di Gesù, mentre chiede che passi questo calice….. Lunghe ore trascorse, ben 16 di sala operatoria. Il lungo periodo di coma indotto. Non so se ho vissuto realmente quanto racconto, ma senz’altro la sensazione era reale. Una lotta fra il voler vivere e il dover morire. Con tutte le mie forze ho tentato di vivere. Una lotta impari. La preghiera semplice e costante: Gesù confido in te. Ripetuta continuamente. E dall’altra parte una forza che mi chiamava dicendomi che non dovevo confidare in Lui. Che tutto era perso, sprecato. In sogno ho visto la visita di Padre Carmelo che, tutto vestito con il camice sterile, recitava la preghiera alla Madre di Dio: Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio:non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, e liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta, (ho chiesto a Padre Carmelo e mi ha confermato che realmente è venuto e ha rivolto tale preghiera). Ho visto delle persone…. sembravano infermieri, che dicevano: che vuole questo? vuole vincerci con una preghiera? Ho visto ed ho gridato: Padre Paolo sta male, aiutatelo. Fatelo entrare è fuori. Vuole entrare, perchè non lo fate entrare. Sta male.
Caro Padre Paolo, tu non c’eri, eri a Torino per delle conferenze. Realmente stavi male, eri stato ricoverato in ospedale. Tutti erano preoccupati per il tuo malore. Ho visto la tua sofferenza ma non era quella fisica. Donarsi nelle sue braccia. Quanto è difficile. Ma il Signore ci prepara e ci accompagna. I cinque anni di malattia, progressiva e distruttiva, mi hanno aiutato a stare con il Signore. Quanti notti insonni, pregando e stando in compagnia di Radio Maria. Quante ore passate con Gianfranco Ravasi che ogni notte faceva lectio divina alle 4,20. Quanta intimità vissuta. Quanta tenerezza avuta. Il Signore mi era vicino. E anche nei momenti in cui la tosse aveva il sopravvento e l’ossigeno anche se era al massimo non bastava, Egli mi teneva la mano. Mi accarezzava, mi dava consolazione, mi diceva: abbandonati, io sono il tuo respiro. Quanta resistenza. L’uomo pensa di potersi salvare con le proprie forze. Non capisce che siamo un niente, una goccia, che da sola è destinata a perdersi, ad evaporare, ad asciugarsi mentre, innestati nel mare infinito, partecipiamo al movimento delle maree, siamo un mare infinito. Così si lotta e non ci si lascia andare. Ma arriva il momento di scegliere, in quel momento non avevo più forza, il respiro mi mancava, cercavo il respiro e non lo trovavo. E in quel momento ho capito che non dovevo più lottare. Mi dovevo fidare. Mi dovevo affidare. Ho detto: Signore, affido a te tutta la mia vita. Pensaci tu. Ti affido Graziella, Chiara, mia sorella, i miei affetti più cari. Ti affido tutti i miei parenti, gli amici, la mia comunità. Tutti i sacerdoti. Tu sai di cosa hanno bisogno. Ti affido in particolare Padre Paolo.
(Certo che è strano questo nostro Signore. Quando si prende cura dei suoi figli prediletti li prova nel crogiolo. Quando vuole donargli qualcosa di speciale, che fa? dona la Croce. E tutto questo lo fa per farci comprendere che c’è qualcosa di immensamente più grande, che umanamente non è possibile conquistare se non attraverso un passaggio obbligato che è quello di togliersi tutto, di offrire tutto, di abbandonarsi fino a farsi inchiodare).
In quel momento finalmente, attraversato dalla sofferenza più atroce, ho ceduto a Lui tutto me stesso. Ho dato a Lui la mia vita, a Lui ho dato i miei affetti più cari. Finalmente libero di poterlo
abbracciare. E Lui ha accettato questo mio donarmi, e questo donare tutto quello che credevo mi appartenesse. Nulla appartiene all’uomo, ma solo la volontà di appartenere a Lui. E da quell’istante ho preso consapevolezza di essere chiamato ancora in mezzo ai miei affetti a testimoniare un Dio Amore che ci chiama a donare tutto, mentre quello che ci offre è infinitamente più grande di quello che noi possiamo dare. Mi ha chiamato a condividere con te il tuo calvario. A essere quel Cireneo che “obbligato” dona il suo aiuto. Io mi sento inadeguato a starti accanto. Consapevole che questa croce non mi appartiene, che sei solo tu a portarla. Che solo tu sei chiamato a perdonare, a donare, a credere. Io non ho nemmeno la forza di guardare. E ancora Egli mi chiama a fidarmi ed affidarmi. Non sono io che ti posso aiutare ma Lui si serve anche di un inadeguato strumento per far si che tu possa rendere Gloria a Dio.
Affidiamoci e fidiamoci questo oggi sono chiamato a dirti. Tu che ti sei offerto, donando la tua vita per me, sei chiamato ad abbandonarti completamente nelle Sue braccia, donando la tua vita a Lui. E’ Lui che da la vita, è Lui che ci chiama alla vita. Una vita nuova, diversa, non compresa nei canoni che ci aspettiamo. Quanto è difficile! ma ancora Egli ci dice: Io ti porto in braccio con le mani giunte e gli occhi aperti.
Con affetto Rosario
[10:24, 18/3/2020] Graziella Me: Ho trovato questo scritto di rosario che ti ha inviato in occasione del tuo compleanno qualche anno fa…. Giusto per piangere un po’ insieme…

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