Il canto di Maria

Ero felice di Giuseppe. Uno sposo più dolce, il Signore non me lo avrebbe potuto donare. Quanti sogni assieme. Quanti sogni per Israele. Quanti sogni nelle sue mani strette nelle mie. Quanti sogni svelati nei nostri occhi. Un annuncio non è una sorpresa. E’ un cammino dello spirito. È un dialogo in due. La notte non è fatta solo per sognare. E’ la porta dell’amore. E’ la finestra del divino. Nella notte c’è sempre Qualcuno che bussa, non solo per chiedere un pane o un’elemosina di conforto o per versare lacrime abbondanti di soccorso. La notte è la biblioteca del dialogo. La notte è la sede di Dio. Ho sognato Giuseppe che sognava un figlio. Ho sognato un angelo che mi regalava un figlio. Come è possibile prima delle nozze? Come è possibile un Messia di carne. Concepivo che non ero io a dare carne al Signore ma è Lui che donava il suo corpo nel mio ventre. Questo è l’annuncio dell’angelo all’umanità. Questa è la novità: Non è Dio che prende il corpo dell’umanità ma Egli dona a noi il suo Corpo d’immortalità. Non capivo come. Non avevo mai avuto rapporti con Giuseppe. Capivo poco ma ero certa del dono. E Giuseppe quella notte era a casa sua. Non siamo noi donne ad accorgersene del nostro concepimento ma è sempre l’uomo per primo. Anch’io quella notte rimasi smarrita. Anch’io quella notte dubitai di Dio. Anch’io quella notte pretesi una prova. E l’angelo non tardò a rimproverarmi. “Vai da Elisabetta, tua cugina, detta sterile. Vai a vedere il figlio che preparerà la via al tuo Salvatore. Vai e non dubitare più di Dio. Nulla è impossibile a Lui”. All’aurora ero già in piedi a salmodiare il Magnificat al Signore del cosmo, al Signore che partorisce in ognuno di noi. Non fu difficile dirlo a Giuseppe. Quando si sogna in due, le cose sono così chiare e pulite. Non pensare di essere andata da sola da Elisabetta. Fu lui ad accompagnarmi con il consenso dei nostri genitori. Forse i nostri genitori, che non capirono niente, furono felici di spedirci lontano per lo scandalo della mia pancia. Ci sbarazzarono lontano per tre mesi per quietare le chiacchiere della gente. Così avviene sempre per chi concepisce un figlio d‘amore.

Paolo Turturro

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